CONDOMINIO PULIZIA SCALE
La questione è curiosa. In un condominio venne deciso, per risparmiare, che la pulizia delle scale venisse svolta a turno da diversi proprietari. La delibera ha stabilito che, chi non avesse avuto tempo per svolgere il lavoro, quando arrivava il proprio turno avrebbe potuto far svolgere tale incombente alla propria donna delle pulizie o a un terzo a spese proprie.
Tale delibera è stata impugnata e la parte ricorrente ha vinto. Per giudice di primo grado la delibera è radicalmente nulla. La Corte d’Appello, ribalta il verdetto stabilendo che, sul punto, l’assemblea è sovrana. La Corte di Cassazione ribalta nuovamente il verdetto della Corte d’Appello. Con sentenza n. 29220 del 2018 la Cassazione dice si, che è possibile “pagare” le spese condominiali compiendo un servizio, anziché versare denaro. Péerò la Corta afferma che ciò deve essere fatto nel rispetto dei millesimi. E’ dunque ingiusto che chi ha un mini appartamento al piano terra debba pulire tutte le scale esattamente come chi ha l’attico all’ultimo piano: i proprietari dei piani alti logorano le scale e ne utilizzano l’illuminazione più dei proprietari dei piani bassi.
Come tutti i criteri legali di ripartizione delle spese condominiali, anche quello per pulizia e illuminazione delle scale può essere derogato solo attraverso una convenzione contenuta nel regolamento condominiale “di natura contrattuale” o in una deliberazione dell’assemblea approvata all’unanimità da tutti i condomini. La delibera contestata è quindi nulla per aver modificato a maggioranza il criterio di riparto, incidendo così sui diritti individuali del singolo condomino attraverso l’imposizione «di un comportamento personale, spettante in egual misura a ciascun partecipante»: il che avrebbe ingiustamente costretto la proprietaria di un «minuscolo bilocale» a pulire le scale quanto il proprietario dell’attico.
In questo caso il Tribunale ha tenuto conto di quanto desiderato dal figlio, che era prossimo alla maggiore età. La sentenza ha anche tenuto conto delle particolari situazioni di reddito degli ex coniugi.
In precedenza il figlio era stato collocato prevalentemente presso la madre con l’obbligo per il padre di corrispondere un importo per il mantenimento del ragazzo, oltre che per la ex moglie, quale assegno di separazione. Secondo il Tribunale, sono stati tutelati gli interessi ed i diritti prevalenti del ragazzo ad essere sottratto dalle ricadute negative di un rapporto con la madre che i servizi sociali avevano giudicato “oltremodo oppositivo”.
Da notare che un fatto considerato rilevante è stata la decisione della madre di sottoporre il figlio, contro il parere dei medici, a cure omeopatiche piuttosto che quelle farmacologiche. Il tribunale ha altersì disposto che il padre debba aver cura esclusiva del percorso curativo del figlio, escludendo la madre da ogni decisione relativa a questo aspetto.
Ancora, è stato giudicato essere determinante anche l’ostracismo materno definito dai servizi “irrazionale”.
In applicazione dell’articolo 337-ter del codice civile, di conseguenza, Il Tribunale ha onerato entrambi i genitori di provvedere direttamente al ragazzo, nella settimana di competenza, dividendo al 50% le sole spese straordinarie.
Negato anche l’assegno alla moglie vista la durata assai limitata nel tempo del vincolo, la circostanza che durante il matrimonio entrambi lavorassero e la sostanziale riduzione dei redditi dell’ex marito dopo la separazione, alla luce di quanto disposto dalle ultime e più significative sentenze della Suprema corte : la n. 11504/17 della prima sezione e la n. 18287/18 delle sezioni unite che hanno introdotto e valorizzato il principio di autoresponsabilità di ciascuno degli ex coniugi, obbligando il giudice del merito a valutare in via primaria, l’esistenza di uno sfruttamento dell’opera di un coniuge in favore dell’altro, radicalmente esclusa nel caso in esame.